Swami Veetamohananda

 

Il sacrificio

 

Traduzione della Prof.ssa Franca Mussa

 

 

 

Riflettiamo sul soggetto del sacrificio.

In ogni tempo, l’umanità ha glorificato l’altruismo e condannato  l’egoismo: si dice al bambino: “ non essere egoista”  e anche senza questo, le persone imparano nello sport, a scuola, in ufficio, al servizio religioso, nella cerimonia di nozze e in altre manifestazioni, che la vita sociale è impossibile senza un certo grado d’altruismo.

Un proverbio popolare dice: “I più fortunati sono quelli che fanno di più per gli altri”.

In ognuno di noi, c’è un bisogno di raggiungere la grandezza in un dominio o in un altro.

L’altruismo, è uno dei segni della grandezza. Tutto ciò che l’umanità venera: “l’uomo di stato, il capo religioso, il martire, l’eroe, il benefattore…" sono quelli che hanno sacrificato il loro egoismo per il benessere degli altri.

Ciò che fate per voi stessi viene dimenticato, mentre ciò che fate per gli altri è caro per sempre.

Le persone dalla mentalità ristretta, speculano molo sul mio e sul tuo, ma per quelli che sono dotati di un grande cuore, il mondo intero è come una sola cosa.

D’altro lato, ogni essere vivente ricerca istintivamente i propri interessi e del tutto naturalmente, l’essere umano tende a ingrandire il campo del proprio interesse personale ad esempio: le industrie, il commercio e le altre attività economiche, sono basate in larga misura sulla competizione e lo sfruttamento (la pubblicità, i giornali, la radio, la televisione), trasmettono un solo messaggio: datevi piacere! Significa essere egoisti.

Noi siamo incoraggiati a praticare attività di gruppo in tutti i campi, attività che hanno per principio centrale di mettere avanti il nostro interesse personale.

La mentalità corrente è atomista (piccolissima ) con l’individuo.

Non è un semplice paradosso degli esistenzialisti, la contraddizione costituisce l’ordito e la trama della vita umana e le condizioni sociali di oggi non hanno fatto che accentuare tutto ciò.

La maggior parte del tempo, siamo abituati a vivere enne preoccupazioni: la vita senza complessità, non è vita.

Se conoscete Gorge Bernard Shaw, egli dice: “una intera vita di felicità” Nessun uomo vivente potrebbe sopportarla: sarebbe l’inferno sulla terra”.

Tuttavia, molte ragioni dovrebbero spingerci ad eliminare il conflitto tra l’altruismo e egoismo:

-         una di queste è che questo conflitto è basato sull’ignoranza o su una conoscenza insufficiente del nostro Sé. Di conseguenza è possibile evitarlo.

-         Pretendere d’essere altruista quando si è in realtà egoisti è una forma di ipocrisia che rende la nostra vita irreale e falsa i nostri rapporti.

La polarità amore-odio origine del conflitto non risolto tra l’altruismo e l’egoismo.

L’altruismo si presenta sotto diversi aspetti: il patriottismo, il dovere, la religione, la giustizia… Ma cercate di andare in profondità: quanto male si è fatto in nome di queste idee? Può essere l’egoismo che spinge un ladro a rubare, ma è l’altruismo che spinge l poliziotto a dominarlo. L’egocentrismo può essere la causa di guerre. Ma le uccisioni e le distruzioni sono state tutte fatte con uno scopo altruista.

Noi diremo che è l’altruismo, ma dietro ci sono altre cause. In verità se una metà del male che esiste nel mondo è causato dall’egoismo, l’altra metà è prodotta dall’altruismo.

Queste considerazioni ci portano a studiare l’attitudine dell’uomo in se stesso e la sua influenza sul suo comportamento verso gli altri.

E’ male amare se stessi?

L’amore per sé è contrario all’amore per gli altri oppure è complementare?

L’egoismo è prodotto dall’amore di sé o piuttosto non è il segno di un vero modo d’amore di sé? Cerchiamo di riflettere secondo il Vedanta. Noi sappiamo che la totalità del cosmo si trova in uno stato di armonia dinamica (ritam): esso evolve spontaneamente con la nostra vita. Vibra attraverso le fasi della creazione, preservazione e distruzione.

Dietro l’apparente diversità e la mancanza apparente di armonia, si trova l’unità armoniosa che sostiene e controlla ogni atomo dell’universo, in una stretta inclusiva e penetrante.

Dio, le anime e l’universo costituiscono una realtà integrale che funziona come un vasto orgasmo vivente. Nel Vedanta, si chiama Purusha o persona cosmica, che designa la coscienza, l’esistenza e la beatitudine assoluta.

Il personale e l’impersonale sono soltanto aspetti funzionali e strutturali di una sola stessa Realtà. In origine, l’esperienza della vita è felice.

L’esistenza stessa è beatitudine. Vivere, è essere felici. La gioia non è semplicemente una delle esperienze della vita, è piuttosto la sola esperienza.

Ma questa felicità pura e intrinseca (che esiste da se stessa) non s manifesta che nell’esperienza della realtà. E la Realtà è un’armonia a molte dimensioni dell’esistenza, coscienza, beatitudine.

Quando vediamo, dappertutto solo contraddizione e mancanza d’armonia, ciò che sperimentiamo non è la Realtà, ma solamente la sua ombra. E l’ombra della felicità è il dispiacere.

La felicità è reale e la Realtà è felicità. Il dispiacere è irreale, è una deformazione della Realtà. La causa del dolore è la separazione della felicità dall’esistenza umana.

Che cos’è che causa questa separazione?

E’ la frammentazione della coscienza. La coscienza lega la beatitudine all’esistenza. Quando questa coscienza diventa frammentata, questa connessione è perduta e la felicità non si manifesta nella vita.

E che cosa causa la frammentazione della coscienza?

E’ la separazione del sé individuale e del sé supremo o della coscienza universale, dalla corrente cosmica della vita.

L’ego è la sola causa delle sofferenze e dei dispiacere degli uomini.

Noi dimentichiamo quasi sempre la vita più vasta. Limitiamo la vita alla nostra propri individualità. Noi non vogliamo sapere che la nostra piccola vita, non è che una parte della vita infinita del cosmo.

I nostri bisogni personali, le nostre paure, i nostri gusti e disgusti, le nostre azioni e reazioni sono soltanto increspature di vita, mentre siamo portati da potenti correnti di forze di vita.

Dobbiamo lasciarci governare dalle grandi leggi della vita.

E’ permettendo di lasciarci governare da queste grandi leggi che noi raggiungiamo l’armonia con la vita universale e conosciamola felicità. L’ignoranza e il disprezzo di queste leggi universali producono la disarmonia e il dispiacere.

E ciò che le grandi incarnazioni come Gesù, Krishna, Buddha e Sri Ramakrishna ci hanno dimostrato.

Il microcosmo – l’essere individuale – fa parte integrante del macrocosmo.

Sono perennemente in contatto l’uno con l’altro. C’è o scambio costante tra di essi a tutti i livelli. Il minimo cambiamento nel microcosmo tocca i macrocosmo e viceversa.

Questo scambio è governato dalla Legge del sacrificio. “Questa legge segna l’inizio della creazione dal Divino” dice la Bhagavad Gita (sahe yajnah prajah puravad prajapatih). Dio, la persona più elevata, segue lui stesso questa Legge, che lu stesso ha messo in movimento. Dalla sua propria esistenza inesauribile egli non cessa di produrre materia ed energia, amore, conoscenza come atto di sacrificio.

La creazione dell’universo è il risultato dell’abnegazione di Dio. E’ un accordo con la Legge del sacrificio che il divino crea l’universo da se stesso e dopo averlo creato, penetra in ogni particella di questo universo.

Anche la Cristianità condivide questa teoria. Per l’Induismo, il sacrificio dell’Incarnazione (chiamata anche Avatar) è un dono gioioso di sé. La Cristianità lo considera come atto di sofferenza secondo la sua dottrina di kenosis e della “Passione”.

Tuttavia, Dio discende periodicamente nel mondo come Avatar. Si sottomette lui stesso a delle discipline molto rigide per portare l’armonia tra gli esseri.

La vita gloriosa di una Incarnazione insegna all’umanità come convertire tutta una vita di individuo, in un sacrificio ininterrotto e come raggiungere l’armonia e l’unità con il divino.

Perché Dio discende?

Perché l’uomo possa elevarsi. Se Dio discende per abnegazione, l’uomo deve elevarsi per abnegazione. E’ così che funziona eternamente la Legge tra il divino e gli uomini.

Possiamo affermare che la Legge ha tre caratteristiche:

1)      è bastata sulla verità;

2)      non è influenzata né dal tempo, né dallo spazio;

3)      è indipendente dall’azione e dal sapere umano.

Ma noi non abbiamo coscienza di questa Legge del sacrificio chiamata yadjna ed è per questo che diveniamo dei “fuorilegge”.

L’applicazione di una legge non dipende da sapere umano.

La legge non dipende dall’uomo. Ma l’uomo è governato dalla Legge.

Può darsi che egli non esegua la Legge, ma la Legge si esegue da se stessa attraverso l’uomo. La sua ignoranza della Legge non lo dispensa dall’obbligo di rispettarla. L’uomo che non rispetta la Legge è spinto a farlo suo malgrado da una forza irresistibile: quella della Legge stessa. Se l’uomo disobbedisce, ciò non influenza la Legge, influenza lui.

Una persona che infrange la Legge non è essa stessa spezzata da questa legge? Ciò è vero per tutte le leggi fisiche, morali, sociali e spirituali.

Che si sappia o no, la natura ci obbliga tutti quanti a seguire la Legge del sacrificio. Noi sopravviviamo perché obbediamo a questa Legge, consciamente, inconsciamente, o in modo imperfetto. Ogni pianta, ogni animale, ogni uomo riceve tutto il proprio sostentamento dall’ambiente.

Ma noi manteniamo questo afflusso di nutrimento?

Niente può essere riempito senza essere stato prima svuotato. Ogni essere vivente è un centro a partire dal quale la materia e l’energia si riversa in tute le direzioni e sotto differenti forme.

Ogni persona apporta qualche cosa ala vita collettiva con le sue azioni buone o cattive.

La legge sembra dura solo alla persona che la nega.

Ecco perché abbiamo bisogno di rispettare la Legge scientemente e con fede per trasformare le nostre vite: ciò deve divenire un modo d vita, un’abitudine, un’attitudine e fare parte del nostro essere tutto intero.

E’ il solo mezzo di ottenere l’armonia  e la pace. Gesù disse: “siate perfetti e benedetti”. La Legge del sacrificio è un simbolo dell’unità fondamentale dell’universo.

L’uomo non è il centro dell’universo. Non può manipolare la sua vita come vuole, e ancora meno influenzare l’universo. Siate senza timore: esiste un motivo per consolarsi, noi non siamo soli in questo universo.

Siamo sicuri chela nostra vita è una e che esiste un Essere Supremo che controlla e guida le nostre vite.

Tutti i codici morali, tutte le leggi sono derivate da questa Legge fondamentale dell’universo.

Anche le leggi fisiche comete leggi termodinamiche, le leggi biologiche dell’evoluzione e dell’omeostasi sono solamente l’espressione della Legge dell’universo.

E’ questa legge che determina il posto in ogni essere nel tempo universale.

E’ la grande Legge di vita e di morte.

Per esempio, il grano ha un certo tempo per crescere e quando è maturo, è sacrificato per lasciare posto ad un’altra pianta.

E’ la stessa cosa per noi. L’infanzia, la giovinezza e la vecchiaia sono di volta in volta sacrificate per una nuova nascita.

La Legge universale determina anche il posto di ogni essere nello spazio universale.

Governa il corso dell’evoluzione: ciò che è meno adatto perisce per lasciare il posto a qualche cosa di più elevato.

E’ la stessa legge che opera in tutti gli ambienti.

La vita in società dipende interamente da questa Legge del dono di sé. E’la stessa legge che si manifesta come fedeltà nella vita militare, come affetto tra genitori e figli, come cooperazione nelle organizzazioni sociali, come morale nell’esercito, ecc.

E’ la violazione di questa Legge del dono di sé che è la causa dei divorzi, delle liti e de fallimenti  nella vita collettiva e individuale.

E’ anche la Legge del dono di sé che determina i limiti dell’esperienza umana: qualcuno amerà il caffè, ma se ne beve più di due tazze di seguito, avrà la sazietà. Nello stesso modo non s può dormire più di alcune ore di fila.

Ogni esperienza umana hai suoi limiti: Schopenhauer ha detto: “vere tutti i propri desideri soddisfatti è qualcosa di intollerabile, ciò genera un senso di stagnazione derivato dai piaceri che durano troppo al lungo. Vincere le difficoltà è fare l’esperienza della gioia profonda dell’esistenza”.

Questa limitazione dell’esperienza fa parte dell’economia divina dell’universo.

Ciò crea la diversità dell’esperienza e permette a u più grande numero di persone di godere di un maggior numero di beni.

Una interruzione e una limitazione nell’esperienza sono una condizione necessaria per il rinnovamento della gioia e non si può fare l’esperienza della felicità  se non rinnovandola continuamente.

La natura on è contro di noi.

Qualsiasi cosa arrivi è per i nostro bene, e la natura ci protegge sempre.

Da quando l’universo è in cammino, tute le leggi naturali fanno partesi questo processo di evoluzione.

Lo scopo di questa legge del dono di sé è di condurci verso una vita più armoniosa e a dei livelli di coscienza e di pienezza più elevati. Inoltre, il dono di sé no funziona a senso unico.

Ogni atto del dono di sé produce una risposta divina che gli corrisponde:

-         quando rinunciamo all’attaccamento, noi guadavamo la libertà;

-         quando eliminiamo l’impurità guadagniamo la purezza;

-         quando rinunciamo ai piaceri grossolani, conosciamo una gioia più profonda.

La funzione più importante del dono di sé è la trasformazione della coascienza.

Mentre l’uomo evolve nella vita, anche la sua attitudine verso l vita cambia: sviluppa una concezione sempre più affinata del dono di sé.

Abbiamo già detto che il dono di sé è un scambio costante tra due poli dell’esistenza universale: l’umano e il divino. Noi ignoriamo la legge e trascorriamo la maggior parte della nostra vita in una specie di esistenza semi-cosciente simile al sogno.

Noi non ci preoccupiamo delle esigenze della natura, né della Legge cosmica.

Noi diveniamo egocentrici invece di essere cosmo-centrici.

Ma la natura non ce lo permette e ci forza a cedere.

Non vediamo forse una forma di dono di sé:

- nel marito per l’amore della sposa;

- nella sposa per l’amore del marito;

- nei genitori per l’amore dei figli;

- negli amici per l’amore degli uni verso gli altri.

Tutti queste sono delle pulsioni egoiste. Nella evoluzione della concezione, il dono di sé ha tre caratteristiche:

1)      è essenzialmente un processo incosciente, automatico;

2)      è fatto sotto le pulsioni della natura;

3)      è centrato sull’ego.

Questo processo d’evoluzione porta soltanto dei vantaggi materiali ed aiuta ad equilibrare la vita sociale.

Ma li processo di evoluzione non si ferma qui.

Mentre noi esploriamo sempre di più questa esistenza universale, distinguiamo tre specie d cambiamento nella vita dell’uomo:

a)      è l’alba di una presa di coscienza di una entità spirituale separata dal corpo, dalla mente, dall’ego.

b)      è anche una presa di coscienza dell’esistenza delle forze cosmiche: l’uomo realizza che tutte le vite individuali no sono che delle particelle della vita cosmica illimitate e sono governate da leggi universali come il dono di sé.

c)      il terzo cambiamento che ha luogo nel processo individuale d’evoluzione è questo ritiro dell’anima cioè il fatto di non identificarsi con l’ego.

Ciò significa che l’individuo resta sempre bene stabilizzato nel suo centro divino.

Nella tappa seguente dell’evoluzione: il sé individuale realizza la sua unità con lo spirito supremo infinito, Brahman.

L’ego, la mente e il corpo divengono divinizzati e servono come canali ala gloria divina.

Così, il dono di sé è uno scambio libero e calamita tra il centro umano e il centro divino. Il dono di sé è la sola prova d’amore, il solo segno credibile di saggezza e la sola prova irrefutabile della forza. Senza il dono di sé i rapporti umani si riducono a un baratto e a sforzi di adattamento in vista di soddisfare i propri interessi.

Non vediamo forse questa attitudine persino nella nostra relazione con Dio?

Tutte le nostre preghiere, tutte le nostre pratiche spirituali mirano a conquistare la prosperità materiale, a vincere un processo,  vincere dei nemici, ecc. Non dimentichiamo che ciò che doniamo, ci è già stato dato dall’Esistenza Universale, Dio. E non appartiene che a Lui solo. Non c’è uno scambio, un baratto.

La vera carità, è l’abnegazione.

Non è ciò che doniamo che santifica l’atto di donare o ci avvicina a Dio, ma l’abnegazione che si trova dietro questo atto.

Quando Gesù vide una povera vedova che lasciava cadere due monete di rame nel tempio di Gerusalemme, egli fece questa osservazione: “In verità vi dico, questa povera donna ha versato più di tutti  gli altri, perché tutto ciò che gli altri versano non è che una parte della loro fortuna, mentre lei ha dato tutto ciò che aveva e anche di più”. Una offerta fatta a Dio non è un dono reale se non quando è fatta con abnegazione..

La più semplice espressione di questa specie di dono di sé il magnifico rituale nel quale, due volte all’anno, offriamo ghee, dolci, frutti ecc. Il fuoco è u simbolo del potere idvino: è considerato come il mediatore tra l’uomo e Dio.

Il rituale del fuoco è soltanto un simbolo per orientarci nelle nostre vite individuali verso la vita universale, per svolgerci verso Dio e vivere in armonia coni ritmi dell’esistenza cosmica.

La rinuncia, è abbandonare il senso de “mio”. Questo ci libera dal nostro ascendente sulle cose materiali e le cose in generale che, in realtà appartengono alla via universale.

E’ un modo di distaccarci e di rinunciare ala nostra propria volontà.

E’ il primo passo verso la libertà.

E’ un processo doloroso solo per quelli che ignorano le leggi che operano nella vita universale.

Forse potete pensare che è necessario nella vita aggrapparsi alle cose materiali. E’ perché dimentichiamo chele vite individuali fanno parte della vita universale. E’ questa che le mantiene e le governa.

Non vediamo l’impermanenza delle cose? Tutto ciò che ha un inizio deve avere una fine. Nessuno può conservare una cosa per sempre.

La rinuncia è il mezzo migliore di ottenere l’armonia e la pace.

Più rinunciamo a litigare per delle quisquiglie (cose insignificanti) e a batterci senza pietà per guadagnare la celebrità e i potere, più le nostre vite scorrono in armonia con i ritmi dell’esistenza universale. La lotta per ottenere una coscienza più elevata esige la rinuncia.

Ciò che si chiama ego, è una rete complessa del corpo, dei sensi e della mente che nasconde la luce del sé e la separa dalla coscienza cosmica.

La realizzazione è possibile solo trascendendo l’ego. Ciò si può fare offrendo l’ego al divino: ogni pensiero, ogni momento della vita, ogni azione possono essere convertiti in atti di rinuncia collegandoli al centro della nostra coscienza, il sé.

La forma più alta di realizzazione è ottenere la beatitudine suprema: ananda.

La gioia è un aspetto inseparabile del sé, ma si trova limitata nel sé individuale. Per fare l’esperienza della beatitudine infinita del sé, dobbiamo ottenere l’unità assoluta con l’infinito.

Così si realizza sottomettendoci interamente al sé supremo.

E’ così che si vede che l’intero universo è una manifestazione del supremo.

E’ così che diventiamo ciò che noi siamo (potenzialmente)